SALVADOR
DALI’: VITA, CARATTERISTICHE E LE SCULTURE
Salvador Felipe Jacinto
Dalì nasce in Spagna l’11 Maggio 1904 a Figueres, cittadina della Catalogna.
Sin dal primo momento, dimostra grandi abilità artistiche e agli inizi degli anni Venti viene ammesso alla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, dove nel 1987 era stato istruito Picasso. Viene sospeso per un anno a causa della sua condotta, ma lascerà definitivamente l’accademia prima di sostenere gli esami finali. Entra in contatto stretto e di intima amicizia con Garcia Lorca e conosce il regista spagnolo Luis Buñel, con il quale realizzerà due film surrealisti: “Un chien andalou” e “L’age d’or”. Va a Parigi, dove frequenta i più famosi artisti di quel periodo come Picasso, Miro, Magritte, avvicinandosi al movimento dei Surrealisti, introducendo il cosiddetto “metodo paranoico-critico”. Per la sua incredibile curiosità approfondisce altre discipline come la matematica, la fisica, la psicoanalisi e la letteratura. Non appena la Francia fu occupata dai nazisti, Dalì si rifugia negli Stati Uniti.
Muore
il 23 Gennaio 1989 nella sua città natia, Figueres, all’età di 84 anni.
IL
METODO PARANOICO-CRITICO
Dalì
inventa una tecnica di automatismo, definita metodo paranoico-critico.
La paranoia, secondo l’artista, “è una malattia mentale cronica, la cui
sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche, con o
senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere forma di mania di
persecuzione o di grandezza di ambizione”. Questo metodo consiste nell’interpretare
e nel restituire i fenomeni deliranti.
Nelle
sue opere i concetti complessi vengono rappresentati in immagini semplici e
surreali anche grazie all’interesse verso la matematica, gli studi platonici,
la sezione aurea e la quarta dimensione; infatti, sono di esempio gli orologi
molli che alludono alla relatività del tempo ed i cassetti, simbolo dell’inconscio.
LE
SCULTURE
In questa scultura Dalì rende magico il rapporto con sua moglie Gala.
Nella sua autobiografia egli descrive l’amata sopra un unicorno.
Salvador
Dalì, “La lumaca e l’angelo”, 1977, tecnica a cera persa.
La lumaca è un elemento importante nelle opere dell’artista poiché collegabile a Freud, considerato suo grande padre spirituale. A Dalì piaceva come animale a causa della geometria dei loro gusci e per la loro incredibile dualità; egli, infatti, era affascinato dall’esterno “duro” e dall’interno “molle”. Inoltre, tale animale allude allo scorrere del tempo e viene rappresentato alato su delle onde. Un angelo è posato sopra al guscio, pronto per darle rapidità nel movimento.
Salvador Dalì, Visione dell’Angelo, 1977, tecnica a cera persa.
Dalì
ha stravolto la rappresentazione religiosa, restituendo al pubblico una sua
visione personale di Dio e della Trinità Divina. Il dito rimanda alla forza del
padre, dal quale emergono tutte le forme di vita, rappresentate dai rami. Alla
nostra sinistra è rappresentata una figura umana, il figlio di Dio, a destra
una figura alata, lo Spirito Santo.
Nella scultura viene rappresentato un elefante che porta un obelisco, già rappresentato in uno dei dipinti più famosi ed importanti di Dalì, “La tentazione di Sant’Antonio” del 1946. L’elefante ha le gambe estremamente lunghe e sottili, contrapposte all’obelisco, il quale allude alla pesantezza. Questa combinazione di elementi restituisce un senso di disordine e di squilibrio metafisico.
Salvador
Dalì, L’Esclave Michelin, 1984, tecnica a cera persa.
Quest’opera
rappresenta una statua di Michelangelo inserita tra due pneumatici da camion
Michelin; il primo, partendo dal basso, funge da base, il secondo cinge alla
vita. Egli elabora questa scultura con aggiunte ironiche, caratteristiche del
Surrealismo, e porta con sé l’idea secondo la quale la bellezza e l’arte sono
rese “schiave” dalle tecnologie del mondo moderno.
Salvador
Dalì, Venere Spaziale, 1984, tecnica a cera persa.
Dalì
in quest’opera cerca di rendere omaggio con i suoi elementi surrealisti alla
Venere, dea della bellezza. L’orologio simboleggia la bellezza temporanea della
carne, le formiche sul petto la decomposizione e il decadimento, l’uovo la
vita, il continuo dell’esistenza, il futuro ed il rinnovamento.
Salvador
Dalì, “Lady Godiva con farfalle”, 1984, tecnica a cera persa.
Lady
Godiva era una nobile inglese dell’XI secolo di una leggenda, la quale narra
che avesse cavalcato nuda un cavallo per le strade di Coventry per opporsi alle
leggi imposte dal marito. Dalì contribuisce a dare un tocco ancora più
misterioso alla scultura inserendo sul corpo femminile quattro farfalle,
simbolo del cambiamento, della rinascita, della metamorfosi e della bellezza
della natura.
La
mostra è “ambientata” nel mondo del Surrealismo e, in particolare,
nell’universo di Dalì. Le eleganti sculture dell’artista novecentesco, i
dipinti, l’oggettistica, gli arredi, insieme alla maestosa e antica presenza
del Palazzo delle Papesse e la gentilezza delle guide rendono magica
l’atmosfera in cui l’osservatore si trova. La mostra viene spiegata nei minimi
particolari al pubblico con enorme semplicità, elemento molto importante anche
per gli studenti come noi. Si distinguono numerosi elementi, ma quelli più
affascinanti sono proprio i video, i quali raffigurano in modo animato le opere
del poeta spagnolo.
L’impressione
è molto positiva; infatti, suggerisco a chiunque, anche ai bambini, di andare a
vedere la mostra, per capire come quest’arte è vicina a noi giovani visto che, spesso,
vediamo gli anni ’70 e ’80 come lontani anni luce, non rendendoci conto del
piccolo intervallo di tempo che ci separa.
Niccolò Ricci III C
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