Le “prigioni psicologiche” del Piranesi





Le “prigioni psicologiche” del Piranesi

Prima di analizzare le opere in sé, è necessario dare uno sguardo rapido alla biografia e filosofia dell’autore. Giovan Battista Piranesi, nato a Venezia, cresciuto ed educato a Roma, fu un architetto ed incisore del XVIII secolo. Nonostante la sua opera si collochi nel pieno del Neoclassicismo, Piranesi si mostrerà sempre in aperto conflitto con il principio cardine di tale movimento, secondo il quale la purezza artistica era stata raggiunta solo dai Greci, mentre i Romani non fecero altro che “corromperla”; infatti, l’artista arriverà ad affermare e sostenere la netta superiorità dei Romani rispetto ai Greci. A causa di questo suo rifiuto verso il Neoclassicismo ed a causa della stessa natura delle sue opere (da lui soprannominate “invenzioni capricciose”) viene considerato uno degli ultimi eredi del Rococò. Per la realizzazione delle sue opere Piranesi ricorse alla tecnica dell’”acquaforte” (dal latino “aquafortis”, nome dell’acido in cui veniva immerso il metallo), la quale si basava sull’incisione diretta del metallo per mezzo di uno stile e che apprese nel 1742 nella bottega di Giuseppe Vasi. A primeggiare all’interno della sua collezione di acqueforti sono le Carceri, pubblicate nel 1750 ed adesso collocate nei vari prestigiosi musei d’Italia. Nelle Carceri, Piranesi mette in scena un elevato numero di interni architettonici di fantasia, in cui dominano forti sensazioni di inquietudine, solitudine, ma soprattutto silenzio. È proprio in una simile ambientazione che l’osservatore si perde nell’analizzare tutti gli elementi raffigurati dall’artista (varchi, spazi, scalini, intrecci di volumi), risultando però incapace di formulare un’architettura “sensata” e restando dunque intrappolato dentro questa continua ricerca di dettagli, come se realmente si trovasse rinchiuso in una “prigione psicologica”. A tal proposito, Margurite Yourcenar, celebre scrittrice del successivo 1900, descriverà questi lavori come le “opere più segrete che ci abbia mai lasciato un uomo del XVIII secolo”. Raccomando la visione di queste opere a tutti coloro che spesso si fermano a riflettere riguardo ai problemi della propria vita senza però riuscire a trovare valide soluzioni; infatti, il tentativo di scomporre opere complesse come le Carceri del Piranesi potrebbe realmente essere un efficiente e proficuo allenamento per la risoluzione di questi problemi.

                                                                                                                                                                     Leonardo Di Lernia

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